Il TSO: Trattamento Sanitario Obbligatorio

TSO: Trattamento Sanitario Obbligatorio

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Introduzione

Il Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO) rappresenta uno degli aspetti più delicati e controversi del diritto sanitario italiano. Il TSO non è una semplice decisione medica, ma un atto che combina aspetti medici e legali. Significa che, per poterlo applicare, è necessario rispettare una serie di passaggi e garanzie previsti dalla legge, che devono essere supervisionati e convalidati anche da un'autorità legale, il giudice tutelare.

Previsto dagli articoli 33, 34 e 35 della legge 23 dicembre 1978, il TSO consente l'erogazione di cure mediche a una persona contro la sua volontà. Sebbene la normativa non limiti l'applicazione del TSO a un ambito specifico, nella pratica esso si manifesta quasi esclusivamente in psichiatria, attraverso il ricovero coattivo nei Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura (SPDC) degli ospedali pubblici.

L'uso di leggi sul ricovero forzato ha, in diverse parti del mondo, sollevato serie preoccupazioni, essendo stato associato a abusi di varia natura: da quelli finanziari a quelli sessuali, da motivazioni politiche a quelle di profitto commerciale, fino a questioni ereditarie o di sicurezza governativa. 

Il CCDU (Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani) considera da sempre tali pratiche una violazione inaccettabile dei diritti umani e costituzionali. Tali considerazioni hanno trovato conferma nella recente sentenza della Corte Costituzionale.

Dalla Legge Giolitti alla Legge 180: L'evoluzione del trattamento psichiatrico coatto in Italia

Prima dell'avvento della Legge 180 del 1978, erroneamente nota come "Legge Basaglia" o "Riforma Basaglia", il panorama normativo italiano era dominato dalla Legge 36 del 1904 (Legge Giolitti), intitolata "Disposizioni sui manicomi e sugli alienati. Custodia e cura degli alienati". Questa legge sanciva l'obbligo di custodire e curare nei manicomi le persone affette da "alienazione mentale" qualora fossero "pericolose a sé o agli altri" o "di pubblico scandalo", e non potessero essere convenientemente assistite altrove.

Tuttavia, la realtà dei manicomi andava ben oltre la cura dei soli "matti". Spesso, chiunque fosse considerato "di pubblico scandalo" – un concetto ambiguo e facilmente manipolabile – poteva essere internato con la complicità di alcuni psichiatri. Ne furono vittime omosessuali, paralitici, alcolisti e altri individui considerati "indesiderati". Il libro "Il manicomio dei bambini" di Alberto Gaino ha rivelato la sconcertante realtà di circa 200.000 bambini, alcuni anche di soli due anni, internati negli istituti psichiatrici negli anni '60.

La seconda metà degli anni '70 vide un fermento politico e culturale che preparò il terreno per una radicale revisione del sistema di gestione della "follia". A livello mondiale, un vasto movimento antipsichiatrico prendeva piede, con figure di spicco come Ronald Laing e David Cooper nel Regno Unito, Michel Foucault e Félix Guattari in Francia, e Thomas Szasz negli Stati Uniti. In Italia, tra i principali esponenti, spiccavano Edelweiss Cotti, Giorgio Antonucci e, soprattutto, Franco Basaglia. Sebbene Basaglia non amasse definirsi antipsichiatra, fu l'ispiratore di un movimento che sfidò apertamente la psichiatria tradizionale.

I Radicali, raccogliendo le firme necessarie per un referendum sulla chiusura dei manicomi, spinsero il Parlamento a intervenire. La Legge 180, formalmente chiudendo i manicomi, trasferì le loro competenze agli ospedali, vanificando di fatto l'esito referendario. In questa nuova normativa, scompare ogni riferimento alla "pericolosità per sé o per gli altri", introducendo le tre attuali condizioni necessarie per l'attuazione di un TSO.

È fondamentale sottolineare che Basaglia non fu l'ispiratore, lo scrittore o l'approvatore della Legge 180. Anzi, ne fu un critico aperto, cercando di dissuadere Bruno Orsini, il vero autore della legge, dall'istituire il TSO e dal riproporre la logica manicomiale in un contesto sanitario. In un'intervista di Franco Giliberto per "La Stampa", pur esprimendo una moderata soddisfazione per il superamento della Legge Giolitti, Basaglia manifestò le sue profonde perplessità: 

“E’ una legge transitoria, fatta per evitare il referendum, e perciò non immune da compromessi politici. Ora bisognerà lottare perché nella discussione sulla riforma sanitaria tanti aspetti farraginosi, ambigui, contraddittori di questa legge siano portati alla ribalta e cambiati. …  Ma attenzione alle facili euforie. Non si deve credere d’aver trovato la panacea a tutti i problemi dell’ammalato di mente con il suo inserimento negli ospedali tradizionali.

La nuova legge cerca di omologare la psichiatria alla medicina, cioè il comportamento umano con il corpo. E’ come se volessimo omologare i cani con le banane.

Facciamo l’esempio di chi ha un tumore, o una febbrona o il verme solitario. Se va a finire all’ospedale, c’è la ricerca della causa del suo male, e in certi casi il ricovero s’impone (malattie molto contagiose). Ma se ricoveri - cioè togli la libertà - a una persona perché ha pensieri bizzarri o disturbi psichici, perché lo fai? A che cosa si riferisce quel ricovero? Che cosa può voler dire “grave alterazione psichica”? … Negli ospedali ci sarà sempre il pericolo dei reparti speciali, del perpetuarsi di una visione segregante ed emarginante.”

Le condizioni e le procedure del TSO

La legge italiana stabilisce che un TSO può essere attuato solo in presenza di tre condizioni fondamentali:

  1. La persona necessita di cure (secondo la valutazione dei sanitari).
  2. La persona rifiuta tali cure.
  3. Non è possibile adottare misure extraospedaliere.

Nella pratica, il TSO viene spesso applicato a soggetti considerati pericolosi per sé o per gli altri, che manifestano minacce di suicidio, lesioni a cose o persone, isolamento, o rifiuto di terapia, cibo e acqua. Può riguardare anche persone il cui comportamento, pur non necessariamente pericoloso, causa "disturbo" a terzi. Da notare che la Legge 180 ha eliminato la condizione di "pericolosità" che era invece presente nella precedente Legge Giolitti.

Può accadere anche che una persona disturbata psichicamente, un tossicodipendente in crisi di astinenza, un alcoldipendente… assumano dei comportamenti imprevedibili o violenti.  
In queste situazioni spesso i familiari conviventi o i vicini di casa, qualora la persona sia in terapia presso uno psichiatra, chiedono aiuto allo psichiatra del servizio, oppure nel caso la persona non fosse in terapia, chiamano direttamente l’ambulanza e/o i vigili o i carabinieri.

Chi dispone il TSO?

Il sindaco, in qualità di autorità sanitaria del Comune di residenza o del luogo in cui si trova la persona, è l'unico deputato a disporre il TSO. L'ordinanza sindacale può essere emessa solo in presenza di due certificazioni mediche che attestino:

  • Una situazione di alterazione tale da richiedere interventi terapeutici urgenti.
  • Il rifiuto degli interventi proposti.
  • L'impossibilità di adottare tempestive e idonee misure extraospedaliere.

Tutte e tre le condizioni devono essere contemporaneamente presenti e certificate. La prima certificazione può essere rilasciata da qualsiasi medico, incluso il medico di famiglia, mentre la seconda deve essere convalidata da un medico appartenente a una struttura pubblica (generalmente uno psichiatra dell'ASL). Le certificazioni devono essere motivate e descrivere la situazione concreta, non limitandosi a una mera enunciazione delle condizioni.

Il sindaco emana il provvedimento di TSO entro 48 ore dalla proposta medica. Il provvedimento deve essere:

  • Comunicato alla persona interessata o al suo rappresentante legale.
  • Notificato al giudice tutelare del comune entro 48 ore dal ricovero.

Spesso, nelle grandi città, l'ordinanza non è firmata direttamente dal sindaco, ma da un assessore delegato o da un ufficio preposto.

L'attuazione del Trattamento Sanitario Obbligatorio 

Emanato il provvedimento il TSO viene messo in atto. In un primo momento la persona viene invitata a seguire vigili e sanitari nel reparto ospedaliero, se si rifiuta viene prelevata con la forza, messa in ambulanza e trasferita al reparto ospedaliero.

Per legge, anche quando è obbligatorio, il TSO deve essere accompagnato da azioni che cercano di ottenere il consenso e la collaborazione della persona. I servizi sanitari devono impegnarsi a ridurre il ricorso al TSO.

Sebbene la legge garantisca il diritto di scegliere il reparto, la sua applicazione pratica può variare.

Il giudice tutelare

Il giudice Tutelare, entro le successive 48 ore, valuta il caso. Assunte le informazioni, deve ascoltare la persona interessata e può disporre accertamenti. Alla fine, decide con un decreto motivato se convalidare o meno il TSO.

  • Se il giudice convalida, ne da comunicazione al sindaco e alla persona interessata, o al suo rappresentante legale, e il TSO continua.
  • Se il giudice non convalida, il sindaco deve interrompere immediatamente il TSO.

Se il TSO è disposto in un comune diverso da quello di residenza della persona, o se si tratta di cittadini stranieri, devono essere avvisate anche le autorità competenti (sindaco di residenza, Ministero dell'Interno, consolato).

Nessuno può essere trattenuto contro la propria volontà in strutture sanitarie o SPDC, a meno che non sia soggetto a un TSO.

Il sindaco è obbligato a inviare l'ordinanza di TSO, completa di certificati medici, al giudice tutelare entro 48 ore dal ricovero per la convalida, che deve avvenire entro le successive 48 ore. La mancata convalida comporta la decadenza automatica del TSO, e il giudice tutelare può anche annullare il provvedimento. 

Durata del TSO

Il TSO ha una durata massima di 7 giorni. Alla scadenza, se lo psichiatra del servizio non presenta una richiesta motivata di prolungamento, il trattamento cessa. Lo psichiatra è tenuto a comunicare al sindaco la cessazione delle condizioni che avevano giustificato l'internamento, e il sindaco a sua volta lo comunica al giudice tutelare.

In caso di prolungamento, il medico responsabile del reparto psichiatrico deve fare una nuova proposta motivata al sindaco. Il sindaco, a sua volta, deve comunicarla alla persona interessata e al giudice tutelare, che la valuterà come la prima volta.

Una volta decaduto il TSO per scadenza dei termini, la persona può chiedere di essere dimessa in qualsiasi momento, e tale richiesta deve essere immediatamente esaudita.

Diritti della persona in TSO

Durante il ricovero in TSO, l'unica via per il paziente di sottrarsi al trattamento obbligatorio è quella di accettare la terapia. Tuttavia, si registrano frequenti violazioni: il provvedimento di ricovero forzato può essere mantenuto anche se il paziente accetta le cure, e spesso i ricoveri coatti vengono effettuati senza il pieno rispetto delle normative, approfittando della scarsa conoscenza dei diritti da parte dei ricoverati. Non di rado, il paziente viene lasciato all'oscuro della possibilità di lasciare il reparto dopo 7 giorni, trasformando inconsapevolmente il TSO in un Trattamento Sanitario Volontario (TSV). Altre situazioni critiche includono pazienti ricoverati in TSV che vengono poi trattenuti in TSO quando chiedono di essere dimessi.

La settimana di TSO è spesso caratterizzata da uno stato di debolezza, confusione, spersonalizzazione e alienazione del paziente, che, oltre al trauma della privazione della libertà, è sovente sottoposto a pesanti terapie psicofarmacologiche. Queste, nel tentativo di renderlo "innocuo e docile", possono annientarlo come individuo. Per i pazienti ritenuti "ribelli", si ricorre frequentemente alla contenzione fisica e all'isolamento, pratiche che sollevano gravi interrogativi sulla dignità della persona. Molte testimonianze online denunciano queste violazioni.

Nonostante le limitazioni imposte dal TSO, il paziente mantiene una serie di diritti inalienabili:

  • Diritto di comunicazione: Durante il TSO, il paziente ha il diritto di comunicare con chi desidera, anche tramite telefonate. Gli infermieri non possono selezionare le persone autorizzate a entrare nel reparto.
  • Diritto di ricorso: La persona sottoposta a TSO, o chiunque ne abbia interesse, può fare ricorso al Tribunale contro il TSO convalidato dal giudice tutelare. 
    La Cassazione, con l'ordinanza n.4000/2024, ha chiarito che tale "chiunque" deve avere un legame diretto e personale con il ricoverato. È possibile anche l'intervento di un avvocato.
  • Procedura del ricorso: Il processo davanti al Tribunale è semplificato e non è obbligatorio avere un avvocato. Il Presidente del Tribunale può anche sospendere il TSO in attesa della decisione finale.
  • Violazione delle comunicazioni: Se le comunicazioni al giudice tutelare non vengono fatte, il TSO perde validità e può configurarsi un reato.
  • Diritto all'informazione e alla scelta: Sebbene non possa rifiutare le cure, il paziente ha il diritto di essere informato sulle terapie e di scegliere tra proposte alternative. In caso di terapie invasive, è consigliabile presentare una diffida al responsabile del reparto e richiederne l'inserimento nella cartella clinica.
  • Contenzione e violenza: Il TSO non giustifica la contenzione se non in via eccezionale e per un periodo limitato alla somministrazione della terapia. La violenza fisica è sempre inammissibile e costituisce reato perseguibile penalmente. L'Art. 1 della Legge 833/78 sottolinea che la tutela fisica e psichica deve avvenire nel rispetto della dignità e libertà della persona.
  • Diritto alle dimissioni: Al termine del periodo di TSO, non sono necessarie firme o la presenza di terzi per la dimissione, in quanto la persona ricoverata non è incapace o interdetta e conserva tutti i suoi diritti. La richiesta di dimissione deve essere immediatamente esaudita; un ritardo costituisce reato di sequestro di persona. Il TSO decade anche se medici, sindaco o giudice tutelare non hanno motivato adeguatamente il provvedimento.
  • Diritto alla cartella clinica e identificazione del personale: Il paziente ha il diritto di comunicare informazioni sul proprio stato di salute nella cartella clinica e di conoscere i nominativi e le qualifiche del personale. Ogni infermiere deve indossare un cartellino di riconoscimento.

Come evitare il TSO: prevenzione e tutela

L'esperienza dimostra che spesso il rifiuto delle cure psichiatriche da parte dei pazienti è motivato da un approccio privo di umanità, minacce velate o manifeste, e l'imposizione di farmaci che causano malessere anziché beneficio. 

Nonostante ciò, la legge sul TSO consente il trattamento coattivo se sussistono le tre condizioni già menzionate: necessità di interventi urgenti, rifiuto delle cure e impossibilità di misure extraospedaliere.

La legge impone che i trattamenti sanitari obbligatori rispettino la dignità della persona e i diritti civili e politici garantiti dalla Costituzione, inclusa la libera scelta del medico e del luogo di cura, per quanto possibile. 

Pertanto, chi desidera evitare futuri TSO dovrebbe cercare un medico di fiducia e affidarsi alle sue cure. Il TSO, per legge, può essere attuato solo in caso di rifiuto delle cure, non se si è già in un percorso terapeutico.

Tuttavia, si sono verificate segnalazioni di pazienti seguiti da professionisti di fiducia che sono stati minacciati di TSO da psichiatri dei CSM (Centri di Salute Mentale) di riferimento se non si adeguavano alle loro indicazioni terapeutiche. Questa situazione può essere prevenuta o risolta rivolgendosi a un avvocato per chiarire che, essendo la persona già in cura, viene meno il secondo punto della legge sul TSO (il rifiuto delle cure).

Considerazioni sulla sentenza della Corte Costituzionale

Un'importante pronuncia della Corte Costituzionale, la sentenza n. 76 del 30 maggio 2025, segna una vera e propria svolta nel panorama del Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO), introducendo nuove e fondamentali garanzie per i cittadini. La Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 35 della legge n. 833/1978, la norma che disciplina il TSO, aprendo la strada a una riconsiderazione complessiva di questa delicata materia.

La decisione della Consulta impone due passaggi cruciali che finora mancavano o erano di fatto disattesi: la comunicazione obbligatoria del provvedimento del sindaco alla persona interessata e, soprattutto, la necessità che il soggetto sia ascoltato dal giudice tutelare prima della convalida del trattamento. Inoltre, viene rafforzato il diritto di difesa con l'obbligo di notifica del decreto motivato del giudice tutelare, la cui assenza compromette gravemente le garanzie individuali.

Un "tabù infranto": non solo questione medica, ma di diritti fondamentali

Questa sentenza rappresenta un "momento di svolta" significativo. La Corte ha "infranto un tabù", riconoscendo che il TSO, proprio perché obbligatorio, non è "solamente una questione che riguarda i medici", ma coinvolge direttamente "i giudici" e, di conseguenza, "il diritto fondamentale" alla libertà e all'autodeterminazione. Viene così ufficialmente sancito che il Trattamento Sanitario Obbligatorio ha "un impatto grave sui diritti fondamentali della persona".

Luci e ombre: le sfide aperte dopo la sentenza

Nonostante l'evidente passo avanti, l'analisi della sentenza rivela anche alcune criticità che restano irrisolte e sollevano nuove preoccupazioni:

  • Audizioni "anomale" e sedazione: Si stanno già registrando segnalazioni di verifiche da parte del giudice tutelare effettuate tramite videochiamate brevi, con persone che sarebbero state sedate o indotte ad assumere sostanze psicotrope poco prima dell'incontro, compromettendo la loro capacità di espressione e comprensione.
  • Notifica e rappresentanza legale: Le modalità di notifica alla persona ricoverata, che potrebbe non essere in grado di intendere e volere, sollevano dubbi sulla sua effettiva utilità. Emerge l'urgenza di prevedere un rappresentante legale d'ufficio che tuteli gli interessi del paziente.
  • Il ricovero coatto permane: La sentenza, pur introducendo maggiori garanzie procedurali, non scardina il principio del ricovero coatto, una prospettiva che si discosta dall'idea originaria di Franco Basaglia di eliminazione dei manicomi e delle pratiche coercitive, e dalle più recenti linee guida internazionali che puntano a forme di assistenza meno invasive.
  • Reazioni e "controriforme": È prevedibile un tentativo di minimizzare la portata della sentenza da parte della psichiatria istituzionale. Non si esclude la possibilità di "tentativi di controriforma" volti a depotenziare gli effetti di questa storica decisione.
  • Allarme "falsi TSV": Si paventa un aumento dei cosiddetti "finti TSV", ovvero trattamenti presentati come volontari al fine di eludere le procedure più rigorose e garantiste introdotte dalla Corte Costituzionale per il trattamento obbligatorio.

La sentenza della Corte Costituzionale apre un nuovo capitolo nella tutela dei diritti delle persone sottoposte a TSO. Sarà cruciale monitorare attentamente l'applicazione di queste nuove disposizioni e le reazioni che ne deriveranno per garantire che le garanzie introdotte non vengano svuotate di significato.

TSO: criticità attuali e necessità di riforma

Nonostante le normative sul Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO) ne limitino l'uso a casi di estrema necessità, la prassi quotidiana disegna un quadro ben diverso, costellato di abusi e procedure opache. La legge è chiara: il TSO dovrebbe essere l'ultima spiaggia, attivabile solo dopo ogni tentativo di contatto e quando ogni misura extra-ospedaliera si rivela impraticabile. Eppure, la realtà è spesso una palese violazione di questi principi, complice una diffusa ignoranza dei diritti da parte dei pazienti e l'inefficacia dei ricorsi.

Chi si rende responsabile di queste violazioni trova spesso scampo nell'Articolo 54 del codice penale, invocando lo "stato di necessità" per giustificare azioni che calpestano la libertà individuale. Un paradosso che vanifica ogni tentativo di giustizia per chi subisce un TSO illegittimo. 

Quando la cura diventa prigione: le ombre del TSO

Le problematiche non si limitano alle violazioni procedurali iniziali. Una volta all'interno del sistema, i pazienti si trovano ad affrontare una serie di criticità allarmanti:

  • Ricovero volontario trasformato in coatto: Sembra incredibile, ma accade. Pazienti che si recano in reparto per un ricovero volontario si vedono poi trattenuti con un TSO nel momento stesso in cui chiedono di essere dimessi. Una vera e propria trappola legale e psicologica.
  • L'offerta che non si può rifiutare: Testimonianze allarmanti ci sono arrivate negli anni, e continuano ad arrivare, di un uso distorto del Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO). Alcune persone riferiscono che, dopo aver comunicato al medico pesanti disagi ed effetti collaterali, sono state minacciate di TSO se non avessero comunque seguito le richieste dello psichiatra. In altri casi, la minaccia di TSO sarebbe scattata dopo aver espresso la volontà di cambiare curante. Queste segnalazioni sollevano dubbi sull'uso del TSO come strumento di coercizione, anziché come ultima risorsa a tutela della salute. Dialogo e comprensione dovrebbero essere la norma e non la minaccia.
  • Annientamento della persona: Le pesanti terapie psicofarmacologiche, spesso somministrate durante il TSO, lasciano i pazienti in stati di profonda debolezza, confusione, spersonalizzazione e alienazione. L'obiettivo sembra essere quello di renderli "innocui e docili", sacrificando la loro autonomia e lucidità.
  • L'umiliazione pubblica: Il prelievo forzato con mezzi di emergenza, spesso sotto gli occhi di vicini e conoscenti, infligge una profonda ferita alla dignità del paziente, minando irrimediabilmente la sua fiducia e il suo ruolo sociale.
  • Contenzione e isolamento: strumenti di repressione: Per i pazienti considerati "ribelli" o non collaborativi, l'uso della contenzione fisica e dell'isolamento diventa una pratica purtroppo non rara, trasformando l'assistenza in una punizione.
  • Violenza inaccettabile: Ci sono stati casi, seppur rari, di uso sproporzionato della forza fisica, anche su chi non oppone resistenza, che in alcune tragiche circostanze hanno portato persino alla morte del paziente. Fatti gravissimi che richiedono indagini e giustizia.
  • Ricorso tardivo, danno permanente: L'attuale procedura prevede che sia possibile fare ricorso contro un TSO solo dopo che il trattamento è già stato effettuato. A quel punto, il danno alla libertà personale e alla dignità del paziente è già compiuto, rendendo il ricorso una beffa più che una tutela.
  • Fatta la legge..: La legge appena riformata dalla Consulta, prevede che il giudice tutelare ascolti il paziente prima di convalidare un TSO, un passaggio cruciale per garantire la tutela dei diritti individuali. Tuttavia, abbiamo ricevuto segnalazioni che disegnano un quadro preoccupante: verifiche lampo tramite videochiamate, con pazienti che sembrano essere stati sedati o indotti ad assumere psicofarmaci poco prima dell'incontro.
    In queste condizioni, la capacità di espressione e comprensione del soggetto è gravemente compromessa, rendendo impossibile una vera e propria difesa. Di fatto, quello che dovrebbe essere un momento di garanzia si trasforma in una mera formalità, una farsa che svuota di significato il ruolo del giudice tutelare.

Paradossalmente, l'attuale complessità burocratica che caratterizza la procedura del TSO ne rende difficile l'applicazione proprio nei casi di effettiva e improrogabile urgenza, bloccando di fatto un meccanismo che dovrebbe essere di salvaguardia.

È evidente che l'attuale sistema del TSO necessita di una revisione profonda, che metta al centro la tutela dei diritti e della dignità del paziente, garantendo che lo spirito della legge prevalga sulla mera interpretazione burocratica o, peggio ancora, sull'abuso.

Proposte per un cambiamento necessario

Le attuali procedure e pratiche del TSO presentano limiti inaccettabili e inconciliabili con la salvaguardia dei diritti umani, in particolare per quanto riguarda il diritto alla difesa, che risulta irrimediabilmente violato, e la lentezza in situazioni di urgenza. Permangono inoltre zone d'ombra su aspetti come il diritto di comunicare e la chiusura a chiave dei reparti, con la necessità di maggiori cautele sulla contenzione fisica e sanzioni specifiche per gli abusi.

Dopo oltre 30 anni di attività nel settore, il CCDU ha raccolto e analizzato numerosi casi di TSO. Nel 2017, ha individuato un possibile meccanismo/procedura per rendere il TSO più semplice e veloce, garantendo al contempo il diritto immediato alla difesa, prima che il TSO possa avvenire. 
Attualmente, il CCDU è impegnato in un progetto di riforma del TSO condiviso con altre associazioni e professionisti. 

Per maggiori informazioni, è possibile scaricare il sottostante disegno di legge per la riforma della Legge 180 in senso garantista.

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